Occorre la sicurezza dell'indicazione dei soggetti beneficiati dal testamento. Non è consentito il superamento di eventuali dubbi ricorrendo a criteri ermeneutici di carattere oggettivo. Ciò che conta infatti è soltanto l'intento del disponente, fermo restando che, quando sia chiara la volontà di costui, nonostante il tenore divergente delle espressioni adoperate, risulta possibile superare interpretativamente eventuali difficoltà costituite dal tenore verbale delle espressioni adoperate
L'indice normativo dal quale si ritrae la fondamentale rilevanza del
principio di certezza è costituito dal modo di disporre dell'art.
628 cod.civ., ai sensi del quale è nulla ogni disposizione fatta a favore di persona che sia indicata in modo da non poter essere determinata. La norma in un certo senso è complementare rispetto all'art.
625 cod.civ., secondo il quale falsa demonstratio non nocet, quando sia comunque certa la volontà testamentaria
nota1 . E' dunque superabile addirittura l'eventuale errore ostativo in cui sia incorso il testatore.
Tirando le somme: da un lato l'indicazione perplessa del beneficiato invalida la disposizione, dall'altro quando al contrario sia certa l'individuazione dell'erede o del legatario l'errore ostativo sull'indicazione della persona non impedisce che la disposizione abbia effetto. L'incertezza della disposizione può essere tale perché risulta di tenore del tutto incomprensibile. Si pensi all'impossibilità di annettere alle espressioni adoperate dal testatore un senso intelleggibile, come accade nell'esempio scolastico: "Se mi sarà erede Tizio, istituisco erede Caio". Ancora incerta è la disposizione effettuata a favore di una persona che non può essere identificata con sicurezza nè in riferimento al tempo del confezionamento delle ultime volontà, nè successivamente
nota2 . Usualmente ci si riferisce al lascito effettuato a favore di un soggetto avente un nome di battesimo che vale ad identificare una o più persone egualmente amiche o conoscenti del disponente.
Il principio di certezza in parola costituisce l'estrinsecazione della regola fondamentale che permea l'intera materia testamentaria:
la ricerca della volontà del testatore, ricerca che consente l'utilizzo di qualsiasi mezzo di prova (prove per testi, presunzioni logiche, etc.) onde rinvenire un intento che, per definizione, non è più ripetibile o interpretabile autenticamente nel tempo in cui le disposizioni assumono efficacia
nota3 .
L'indagine che segue avrà ad oggetto ulteriori applicazioni della regola in considerazione: così per le
disposizioni a favore dell'anima ed a favore dei poveri (artt.
629 ed art.
630 cod.civ.) nonchè per la
disposizione fiduciaria di cui all'
art.627 cod.civ. , ai sensi del quale non è data azione onde accertare che le disposizioni fatte a favore di persona dichiarata nel testamento sono soltanto apparenti.
Note
nota1
Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, vol.VI, Milano, 1962, p.254; Azzariti-Martinez, Successioni per causa di morte e donazioni, Padova, 1979, p.472.
top1nota2
Cicu, Testamento, Milano, 1969, p.189.
top2nota3
Si porrà quindi in primo luogo un problema di interpretazione della volontà del testatore ogniqualvolta essa sia reputata idonea a chiarificare le disposizioni testamentarie dubbie. Soltanto successivamente, qualora neppure in via interpretativa fosse possibile determinare con sicurezza il contenuto delle dette manifestazioni, queste dovranno considerarsi nulle (Caramazza, Delle successioni testamentarie, in Comm.teorico-pratico al cod.civ., dir. da De Martino, Novara-Roma, 1982, p.234 e Gangi, La successione testamentaria nel vigente diritto italiano, vol.I, Milano, 1952, p.454).
top3Bibliografia
- CARAMAZZA, Delle successioni testamentarie, artt. 587-712, Roma, Comm. teor-prat. del c.c, dir. da De Martino, 1973
- CICU, Testamento, Milano, 1951
- F.S. AZZARITI - MARTINEZ - G.AZZARITI, Successioni per causa di morte e donazioni, Padova, 1979
- GANGI, La successione testamentaria nel vigente diritto italiano, Milano, 1952